mercoledì 9 giugno 2010

Lauro (PDL): punire più gravemente i reati contro la persona motivati dall'orientamento sessuale

ROMA - Con un disegno di legge, presentato stamane al Senato, il sen. Raffaele Lauro (PdL) propone di introdurre un’aggravante all'articolo 61 del codice penale, per chi commette il fatto per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi e, in particolare, per motivi fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere delle vittime. In questo modo, si introduce nell'ordinamento un'aggravante generale che consente di punire alcuni gravi delitti contro la persona con una pena maggiore, se il fatto si verifica per le finalità indicate. Si intende, in questo modo, reprimere quegli odiosi fatti di violenza, che purtroppo hanno luogo con sempre maggiore frequenza, su persone omosessuali o transessuali, violenze fisiche, violenze psichiche (mobbing, stalking), motivate proprio dall'orientamento sessuale delle vittime e spesso mascherate con altri motivi. I reati che, in questo modo, vengono puniti con una pena aggravata sono, in generale, i reati contro la persona. In particolare, oltre ai reati sessuali, vengono puniti più gravemente, se compiuti per i fini indicati nell'aggravante introdotta dal disegno di legge, i seguenti reati: percosse (articolo 581 c.p.), lesione personale (articolo 582 c.p.), ingiuria (articolo 594 c.p.), diffamazione (articolo 595 c.p.), riduzione in schiavitù (articolo 600 c.p.), violenza privata (articolo 610 c.p.) e minaccia (articolo 612 c.p.). “L’attuale crescita esponenziale – ha dichiarato Lauro – di atti di discriminazione, nonché di aggressioni e di violenze, fondati sull’identità sessuale o di genere delle persone, che si aggiungono a quelli per motivi razziali, etnici e religiosi, deve indurre nel legislatore una determinazione pari alla gravità assunta dal fenomeno”. “La proposta – ha continuato Lauro – proclama un principio generale, cioè l’equivalenza tra le discriminazioni, causate da motivi razziali, e quelle causate dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale. Ignorare tale equivalenza nega il principio di eguaglianza, in senso formale e sostanziale, solennemente enunciato dall’articolo 3 della Costituzione”. “Inoltre, vengono ridefinite – ha concluso Lauro – la nozione di discriminazione in ambito lavorativo, che include l’orientamento sessuale del soggetto tra i motivi di non discriminazione, e la tutela giudiziale, introducendo l’inversione dell’onere della prova sull’insussistenza degli atti discriminatori e la garanzia di una tempestiva efficacia del provvedimento del giudice, finalizzato alla cessazione del comportamento discriminatorio e alla rimozione dei suoi effetti, come già previsto dalle norme sulle pari opportunità”.

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