martedì 24 novembre 2009

Gioco d'azzardo, la mozione del Sen. Raffaele Lauro (PDL)

Il Sen. Raffaele Lauro ha presentato in Senato una mozione contro il "gioco d'azzardo" coerentemente con un'azione politica diretta a scongiurare la penetrazione dei poteri criminali nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese. La pubblichiamo integralmente perchè ancora una volta costituisce la testimonianza di un imepgno qualificato al servizio della comunità.
Il Senato,
premesso che:
secondo le teorie della rivitalizzazione delle zone urbane e dello sviluppo locale, la creazione di valore e le performance del territorio diminuiscono con l’aumentare della distanza dai distretti finanziari o dalle produzioni specializzate. In una prima fase, una grande sala da gioco o, ancor più, un distretto del divertimento genera un impatto incrementativo sull’apprezzamento del patrimonio immobiliare, sulla domanda del settore terziario e sull’occupazione locale;
alla prova dei fatti, di contro, e cioè nel medio periodo, è stato dimostrato (Hakim e Friedman, 1987) che il gioco d’azzardo ha un effetto depressivo proprio a causa dell’indotto criminale che si forma in un’area più vasta dello stesso distretto;
la rappresentazione dei “benefici” del “polo di crescita”, incentrato sul gioco d’azzardo, trascura assolutamente di contabilizzare i “costi”, che emergerebbero da una visione integrata dell’impatto e delle ricadute. Tali costi sono rappresentati da diversi fenomeni indotti. Il primo è la ridistribuzione della domanda di beni e servizi: al polo rivitalizzato fa da pendant un forte declino di altre località turistiche e di altre economie locali vicine, travolte da una perdita di competitività. Il secondo è l’incentivo alla criminalità comune e organizzata (ed in particolare alle attività di usura, truffa e riciclaggio);
lungo le vie adduttrici alle sale da gioco e nell’intorno della città ospitante si verifica un enorme aumento dei reati comuni, per l’interagire di numerosi fattori che si possono ridurre – per comprenderne la dinamica – alla proiezione della criminalità sulle occasioni di assalto alla ricchezza che si muove nelle strade e intorno ai beni localizzati;
l’allocazione del risparmio per finalità produttive – che tradizionalmente caratterizza una data area – viene stravolta dall’aggressione ai piccoli istituti di credito del posto, necessari per l’attività parallela di “cambio assegni”, rifornimento di liquidità, riciclaggio da parte della criminalità. A questi costi – la cui evidenza matura nel tempo – vanno aggiunti quelli che derivano dalla sottrazione di “valore monetario astratto” e “di ricchezza concreta”, provocata dall’inflazione dei reati. Anche i costi sociali – omicidi, ferimenti, insicurezza diffusa, devianza giovanile – sono una penalizzazione che ha un peso finanziario enorme e che modifica, peggiorandola, la qualità della vita;
più in generale, vi è un riflesso altamente negativo sul “sistema Paese”, derivante da un’obiettiva, strutturale maturazione della criminalità di tipo mafioso, con la replica del suo modello operativo in tante località non ancora del tutto inquinate dal suo insediamento. Sin dalla loro costituzione, infatti, gli organismi internazionali di azione contro il riciclaggio di capitali sporchi hanno indicato il pericolo rappresentato dal ricorso ad “intermediari finanziari non tradizionali”, da parte della criminalità organizzata. Il FATF, Financial Action Task Force Working Group (o GAFI), valuta che occasioni privilegiate per le operazioni di occultamento dell’origine della ricchezza si trovino tra i casinò, nelle lotterie, nelle sale da gioco, tra gli uffici di cambio e tra gli uffici di trasferimento fondi, nei servizi per l’incasso di assegni, nei corrieri e tra i grossisti di gioielli, di pietre preziose e tra i venditori di opere d’arte: tutti soggetti che forniscono servizi finanziari di tipo bancario, pur essendo sottoposti a regolamentazioni e controlli, quasi evanescenti rispetto ai tradizionali operatori finanziari. Le prestazioni di alcuni di tali intermediari non tradizionali sono utilizzate soprattutto nella prima fase del riciclaggio, quella del collocamento, che costituisce il punto debole dell’intero processo;
considerato che:
nonostante le segnalazioni, gli accordi internazionali e i regolamenti adottati dai singoli Stati, i casinò e le sale da gioco non cessano di rappresentare un collaudato e sicuro canale di riciclaggio, poiché operano con grandi volumi di denaro contante, mentre offrono servizi finanziari dedicati, quali linee di credito, cassette di sicurezza e trasferimento di fondi. Una parte delle case da gioco, peraltro, è collegata in rete, dispone di uffici operativi in più Stati che, dall’estero, sono in grado di trasferire elettronicamente i fondi in ogni parte del globo;
con la “legalizzazione” delle slot machine, si è riprodotto quell’effetto d’incorporamento del legale nell’illegale, che avviene quando il modello di business non è corredato da un’effettiva capacità regolativa dello Stato. Così l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, a dispetto del logo di "Grande Timoniere", ha sempre meno controllato e sempre più offerto opportunità ai trust dell’illegalità, sia sotto forma di lobby corruttrici, sia sotto forma diretta di criminalità organizzata;
il 25 settembre 2007 le cronache giudiziarie hanno riferito degli esiti dell’indagine della Guardia di finanza, ordinata dalla magistratura di Genova, sulle slot machine: 120.000 di questi apparecchi furono posti sotto sequestro, perché risultati irregolari in tutta Italia. Esibivano il bollino "gioco sicuro", ma consentivano vincite superiori ai limiti consentiti: il marchio era contraffatto ed erano istallate in circa 50.000 esercizi pubblici tra cui bar, pube locali notturni. Gli apparecchi, autorizzati e garantiti dai Monopoli di Stato con il logo "gioco sicuro", hanno consentito vincite oltre i limiti consentiti. Le dichiarazioni di conformità, fornite dagli enti certificatori, infatti, sono risultate ideologicamente false;
lo Stato ha dunque abbandonato la funzione regolativa/contenitiva e ha generato una fiscalità regressiva sul reddito (si incamera di più, percentualmente, da chi ha reddito più basso); quindi ha “superato” (nel senso di una Aufhebung) le finalità fiscali per preferire le finalità di modello di business. Lo Stato ha così perso il timone e ha portato il gioco pubblico d’azzardo nel grande mare dei business criminali;
l’introduzione delle slot machine ha provocato un impatto capillare sul territorio economico con almeno sei drammatiche conseguenze: la scarsa controllabilità dei flussi delle giocate; la formazione di un circuito di installatori e manutentori delle postazioni, occupato da società collegate o emanazione della criminalità organizzata, grazie alla sovrapposizione della nuova opportunità di business sui precedenti cicli di affari illegali; l’attivazione di un sistema di pressioni corruttive correlato alla necessità di monopolizzare i mercati locali delle postazioni da gioco; la moltiplicazione dei "punti caldi" nel tessuto della città, intesi come luoghi di concentrazione quotidiana di denaro contante che necessita di spostamento fisico, con conseguente esposizione al rischio di rapina; l’incentivazione ai micro mercati locali di prestito ad usura per il finanziamento, oltre che delle elementari esigenze di volano per la continuità di partecipazione al gioco, anche di attività di gestione delle postazioni e delle sale; il generarsi di percorsi di particolare esposizione alla criminalità di strada da parte dei giocatori, in particolare di quanti raccolgono vincite di un rilievo apprezzabile; la partecipazione al gioco d’azzardo quotidiano da parte di minori di 18 anni, con costante e pervasiva violazione della norma penale che vieta di offrire loro la possibilità di scommettere in qualsiasi forma;
di tale insieme di problemi, non confutabili, si hanno dei riscontri, anche molto vistosi. Nell’estate 2007, ad esempio, un provvedimento della Procura della Repubblica di Venezia ha posto sotto osservazione, inibendone il funzionamento, ben 100.000 apparecchi dei 235.000 totali autorizzati dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato. I consulenti della magistratura e la Polizia giudiziaria hanno rilevato la non conformità alla normativa di un campione di apparecchiature per la “NewSlot”, rappresentativo, secondo alcune stime, di ben 176.000 installazioni, vale a dire il 75 per cento dell’intero comparto. Il 5 luglio 2007, peraltro, l’Amministrazione dei Monopoli di Stato aveva notificato alle concessionarie l’azione giudiziaria della Procura di Venezia;
la proposta di attività remunerativa con le slot machine si articola su più “livelli” di “profitto”, che sono così schematizzati. Da varie indagini espletate emergono alcuni “modelli” contrattuali: “cessione” onerosa di “quote di mercato” a gruppi criminali insediati sul territorio, realizzata attraverso la vendita degli organizzati apparati tecnici ad esponenti di quei gruppi, forniti di proprie strutture (cosiddetti “biliardi”), sotto il proprio “dominio”, nei quali quei gruppi potranno gestire le slot machine; la “convenzione” attuata con gruppi criminali organizzati egemoni in varie aree per la penetrazione commerciale, attuata attraverso il ricorso alla violenza ed alla sopraffazione, praticata dagli esponenti di quei gruppi criminali, e la partecipazione di questi agli utili dell’impresa criminale, in quota fissa o in quota proporzionale; la “collocazione diretta” di slot machine e relativa assistenza attuata attraverso il ricorso alla violenza ed alla sopraffazione; la “gestione diretta” dei punti di concentrazione delle slot machine;
dai dati sull’aspetto autorizzato dei giochi elettronici, si possono derivare delle considerazioni che aiutano a capire la forte capacità di presa del gioco d'azzardo, mediante il ricorso a sofisticati strumenti. È stato sfruttato, infatti, il risultato di un cambiamento più generale che è intervenuto nelle abitudini di consumo del gioco non “a fini di lucro”, sia nella sfera domestica che agli angoli delle strade, nei circoli ricreativi e nei bar: così, al boom dei videogames o dei fun games, nelle abitazioni private o in luoghi pubblici, si è sovrapposta una nuova modalità ludica anche per il gioco d’azzardo;
il rilancio su larga scala e in ogni regione d’Italia (ma con prevalenza nel Mezzogiorno) è però avvenuto di recente, dopo che la legge n. 425 del 1995 ha ammesso la liceità della gestione di apparecchi elettronici, un tempo considerati d'azzardo. Le condizioni, fissate dalla norma, sono che il valore economico della giocata sia modesto e che i due fattori, dell'intrattenimento e dell'abilità del giocatore abbiano un ruolo preponderante rispetto all’aleatorietà. I vincoli posti dal legislatore si basano su concetti intuitivi che la realtà s’incarica quotidianamente di smentire, come del resto accade spesso quando il supporto strumentale è assai più raffinato delle capacità cognitive umane di tenere sotto controllo le nuove dinamiche di comportamento;
anche i divieti e le restrizioni, inserite nella legge finanziaria per il 2001, sono stati del resto ampiamente superati. Vi sono, nel caso dell’azzardo con apparecchiature informatiche, tre fattori che, nella realtà, rendono vulnerabili le persone che si accostano a tale tipo di scommessa-puntata: l’esiguità della singola giocata, che abbassa la soglia di percezione del danno, che deriva dal comportamento; l’affrettata ripetitività del tentativo successivo, che non consente la rielaborazione di quanto si è appena svolto; la somiglianza o l’identità con il mezzo impiegato per i fun games, cioè per i videogiochi d’abilità senza vincita;
le modeste somme e la messa alla prova dell’abilità del giocatore concorrono alla velocizzazione delle puntate. Di qui l’accumulo di una massa critica di perdite, la compulsività dello stile di comportamento e, per contro, la speculazione e i vantaggi che il nostro ordinamento considera criminosi;
ritenuto che:
dal 1985 gli Stati Uniti hanno sottoposto anche i casinò all'obbligo della segnalazione delle transazioni superiori a 10.000 dollari, anche se alla norma non corrisponde una sorveglianza efficace da parte del Governo federale, giacché i controlli sono in larga parte di pertinenza dei singoli Stati, che spesso oscillano tra permissivismo e osservanza;
sebbene negli anni Novanta grandi imprese del settore turistico-alberghiero siano entrate nella gestione delle case da gioco, la criminalità organizzata continua ad essere interessata al circuito dei casinò. Per esempio, le famiglie mafiose di Atlantic City e di Las Vegas hanno mantenuto i loro centri di entrata nell'ambito del settore del gioco d'azzardo, anche dopo che i casinò hanno aperto l’accesso alle famiglie e le località specializzate si sono riconvertite in “parchi giochi” tipo Disneyland, con annesso casinò;
ha rilievo anche un altro campo dell’offerta, quello dove si esprime la concorrenza criminale al Monopolio dello Stato, che peraltro non è intaccata dall’inflazione di giochi “istantanei” e di estrazioni con poste a dieci zeri. Anzi, lo sviluppo dell’azione giudiziaria di contrasto alle pratiche clandestine mette in luce uno sconcertante “tandem” tra il legalizzato e il criminalizzato: il successo delle operazioni di marketing del primo, spesso attraverso una pubblicità che si giudica ingannevole, finisce per riflettersi sull’espansione dell’altro, in un’interazione che è già stata rilevata, almeno dalle correnti più critiche del pensiero economico e sociale, per altre forme di “nocività” generatrici di lucro (consumo di stupefacenti);
l’antiproibizionismo si rivela un formidabile battistrada per l’allargamento di un mercato, destinato a mantenere la sua segmentazione, vale a dire una suddivisione di utilità e convenienze “su misura” delle molte categorie di consumatori, quindi, a perpetuare un dinamismo che alimenta le opportunità sia di chi offre occasioni di gioco sorvegliate dalla legge e sia di chi esercita il racket sull’incontro tra domanda e offerta.
si può riassumere il circolo vizioso tra i giochi pubblici e i giochi clandestini in una elementare sequenza. In primo luogo, l’introduzione di nuove offerte autorizzate genera l’ampliamento della platea dei giocatori, creando delle utilità marginali per il settore illegale (inclusione delle persone espulse dal legale, offerta di vincite più remunerative, articolazione maggiore delle modalità di gioco). In secondo luogo, grazie all’aumento e/o alla diversificazione delle persone coinvolte, si crea uno spazio crescente al finanziamento usurario dei giocatori. In terzo luogo, l’illegale alimenta il legale fornendo la motivazione per giustificare l’introduzione di nuovi giochi e ampliando così la popolazione che entra in contatto con l’offerta criminale. Gli effetti sono: a) vantaggi legali e vantaggi border line: incassi diretti della direzione dei casinò; interessi per prestiti concessi legalmente dagli uffici fidi presso i casinò; interessi percepiti dall’offerta usuraria (cambisti e finanziatori in nero); vantaggi ricavati dalla rete di commercianti locali che rilevano, trasformandoli in liquidità, beni mobili dei giocatori; b) indotto criminale; c) attività delinquenziali generiche e specializzate: sul territorio, lungo le vie di transito del denaro liquido da e verso i casinò (rapine, furti, aggressioni); nei centri abitati del bacino del casinò (prostituzione, usura, ricettazione, furti, rapine); d) territorio economico degli interessi illegali circostanti il casinò: investimenti di provenienza criminale; riciclaggio; corruzione di pubblici funzionari;
dalla metà degli anni Ottanta, tutti i casinò italiani hanno subito delle operazioni strutturate della criminalità organizzata, tese a controllare tanto i flussi legali del gioco d’azzardo, quanto l’insieme dell’indotto che le sale generano;
si può considerare l’insieme delle opportunità, come articolate in due ambienti di mercato: il primo riguarda il circuito di servizi strumentali che la gestione legale predispone: dall’accreditamento dei frequentatori all’ufficio fidi, dall’assistenza per le operazioni di perdita e di vincita alle infrastrutture d’intrattenimento e di residenza; il secondo, parallelo, riguarda quei soggetti e quelle operazioni non compatibili con i regolamenti adottati dalla sala da gioco autorizzata: affidamenti non sostenuti da garanzie bancarie ordinarie, cambio degli assegni postdatati, assistenza ai drop out del circuito legale. Basta ricordare che l’interesse giornaliero richiesto dal “cambista” in nero, ad un giocatore “non affidabile” dal servizio interno al casinò, varia dal 5 al 15 per cento. La gestione del “portafoglio crediti” è assolutamente chiaro, come richiesta dei sistemi di garanzia non legali, e, quindi, dei servizi “professionali” della criminalità mafiosa.
su tali basi, la maturazione di gruppi molto determinati, anche in province senza antica tradizione mafiosa, ha fatto emergere i comportamenti tipici delle associazioni ben strutturate. Esse hanno imposto la verticalizzazione - cioè regole e disciplina - a quelle attività essenziali allo sfruttamento dei giocatori;
dall’osmosi tra le transazioni interne ai casinò legali a quelle esterne ed illegali, ma sempre gravitanti attorno alla medesima struttura, si è passati ad un sistema di vasi comunicanti con reti di bische clandestine. In altre parole, le attività gravitanti sul casinò autorizzato hanno creato una domanda indotta per bische nello stesso territorio provinciale e regionale interdipendente,
impegna il Governo ad attivarsi onde prevenire e reprimere adeguatamente il gioco d'azzardo illegale e le interazioni con il reticolato della criminalità organizzata mafiosa, nonché a regolare in modo maggiormente rigoroso il gioco d'azzardo illegale, anche attraverso il proprio sostegno ai disegni di legge di iniziativa parlamentare recanti tali finalità.

Etichette:

1 Commenti:

Alle novembre 25, 2009 9:28 AM , Anonymous Anonimo ha detto...

Sono daccordo con l'impostazione del Senatore Lauro, le case da gioco portano criminalità e a Sorrento, se siamo seri, ne abbiamo già parecchia, ben mascherata, ma c'è!
A.V.

 

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page